Spedizioni aeree col fiato sospeso con la fine delle esenzioni de minimis negli Usa dal 2 maggio
A marzo le spedizioni aeree sono cresciute ancora (+5%), ma i volumi sono in rallentamento

Oltre a quello relativo ai dazi, nella giornata di ieri è arrivato dalla Casa Bianca un annuncio su un’altra azione che avrà un enorme impatto sui commerci internazionali, quello relativo alla firma di un executive order che porrà fine al regime di ‘duty free’ per la merce a basso costo in ingresso nel paese a partire dal prossimo 2 maggio.
Come noto, una decisione al riguardo era già stata annunciata dalla amministrazione statunitense lo scorso 1 febbraio, ma era stata poi messa in pausa in attesa che le autorità preposte si mettessero nelle condizioni di poter gestire l’enorme numero di pacchi – circa 1,4 miliardi – in ingresso ogni anno nel paese. Del totale, circa il 90% è appunto costituito da beni che godono dell’esenzione e di questi il 60% arriva dalla Cina.
A far data dal 2 maggio, le spedizioni al di sotto degli 800 dollari saranno dunque soggette a dazi pari al 30% del loro valore oppure a 25 dollari per articolo, importo che salirà a 50 dollari dopo il 1 giugno.
Secondo Xeneta, queste nuove imposizioni con ogni probabilità andranno a togliere ossigeno alla domanda di trasporto aereo, causando un terremoto nel mercato, ovvero prezzi più alti per i consumatori, congestione doganale e riduzione della domanda. Ulteriori dazi ‘in risposta’ potrebbero complicare ancora di più la situazione.
“In 30 anni di lavoro nel settore del trasporto aereo, non ricordo alcun’altra decisione unilaterale di politica commerciale con un potenziale impatto così profondo a livello globale”, ha dichiarato Niall van de Wouw, responsabile Airfreight della società di analisi, commentando in generale gli annunci arrivati dal presidente Usa ieri. “L’e-commerce è stato il principale motore della domanda di trasporto aereo. Se si toglie improvvisamente e drasticamente l’ossigeno a questa domanda, si provocherà uno shock sismico nel mercato”, ha aggiunto.
Secondo quanto osservato dalla società di analisi, questa fase di incertezza trova riscontro nel fatto che caricatori e spedizionieri stiano preferendo perlopiù contratti di trasporto a breve termine, senza prendere impegni di più lunga durata. Nello specifico, il 79% degli interpellati sta optando per intese inferiori ai tre mesi, ovvero 20 punti percentuali in più che nello stesso periodo dello scorso anno. Gli stessi stanno ancora collocando circa il 45% dei loro volumi sul mercato spot.
“Con la crescita dei noli in rallentamento, normalmente ci aspetteremmo che gli spedizionieri assumano impegni di capacità più lunghi per ottenere tariffe più competitive, ma, in questo momento, chiaramente pochi sono disposti a correre questo rischio”. Gli spedizionieri, ha aggiunto ancora, “semplicemente non sanno ancora contro cosa stanno lottando. Se ora concordano un piano per l’intero anno, questo potrebbe rivelarsi molto più costoso a lungo termine”. Secondo Van de Wouw ad oggi è molto impegnativo fissare una tariffa non solo per quel che riguarda i prezzi, ma anche relativamente a termini e condizioni.
La conclusione è abbastanza scontata. “Nessuno trae vantaggio da questa situazione, perché è impossibile pianificare efficacemente contro un bersaglio mobile. Chiaramente, tutti aspetteranno di vedere come l’eliminazione della soglia de minimis e tutti i dazi globali già annunciati – e quelli ancora da venire – influenzeranno gli scambi, oltre a quanto velocemente ci sarà meno domanda e, di conseguenza, meno trasporto aereo. Al momento sono tutte aspettative, ma dobbiamo aspettarci che la situazione peggiorerà prima di migliorare”.
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