Petrone (Assoram): “La via aerea dominerà le spedizioni di vaccini anti-Covid in Italia”
Secondo Pierluigi Petrone – presidente di Assoram, associazione che riunisce a livello nazionale gli operatori commerciali e logistici della distribuzione primaria di farmaci – sarà l’aereo il mezzo con cui arriverà in Italia la maggior parte delle dosi di vaccino anti-Covid19 destinato alla popolazione, e i punti di approdo saranno necessariamente i due scali maggiori […]
Secondo Pierluigi Petrone – presidente di Assoram, associazione che riunisce a livello nazionale gli operatori commerciali e logistici della distribuzione primaria di farmaci – sarà l’aereo il mezzo con cui arriverà in Italia la maggior parte delle dosi di vaccino anti-Covid19 destinato alla popolazione, e i punti di approdo saranno necessariamente i due scali maggiori del paese.
“Il trasporto dai grandi centri produttivi, a mio avviso, non potrà che avvenire per via aerea: d’altra parte abbiamo fatto arrivare in aereo le mascherine, non potremo che fare lo stesso con i vaccini” ha affermato Petrone in un’intervista a SUPPLY CHAIN ITALY, spiegando che il costo di una spedizione di questo tipo “per quanto maggiore rispetto a una via nave, avrà un’incidenza minima su quello complessivo necessario per la realizzazione del vaccino e la distribuzione”. Gli hub di arrivo saranno tendenzialmente Malpensa e Fiumicino “cui si affiancheranno hub regionali”.
Relativamente ai volumi destinati all’Italia, secondo il numero uno di Assoram per le stime è utile basarsi sul report elaborato da Dhl con McKinsey, a sua volta elaborato sugli storici delle distribuzioni dei vaccini antinfluenzali, che prevede a livello globale l’impiego di 10 miliardi di dosi, con la consegna di 220mila pallet e 15 milioni di contenitori. Pertanto, escludendo la necessità di richiami, alla Penisola arriveranno dosi per un numero pari all’incirca a quello dei suoi abitanti.
Riguardo le altre fasi del trasporto, secondo Assoram la più critica sarà quella rappresentata dall’ultimo miglio, dato che a differenza di altri Paesi come Spagna o Francia, la popolazione italiana non è concentrata nelle capitali ma distribuita capillarmente sul territorio.
In ogni caso l’Italia – ha spiegato Petrone – avrà un ruolo chiave nella distribuzione finale dei vaccini anti-Covid19, perché è stata scelta da diversi produttori per ospitare i siti di confezionamento dei preparati (nei quali cioè il prodotto in bulk verrà trasformato e smistato per il ‘consumo’ finale). In particolare AstroZeneca-Oxford svolgerà questa attività ad Anagni, nello stabilimento di Catalent, e lo stesso faranno “altri cinque-sei produttori” della decina che ad oggi sono alle battute finali dello sviluppo del vaccino. Per questo motivo la Penisola “fungerà non solo da hub” – cioè da centro di stoccaggio del preparato – “ma anche da bridge” – ovvero da ponte per la distribuzione anche in altri paesi vicini.
Considerato anche questo ruolo centrale, nei giorni scorsi Assoram si è rivolta alle istituzioni (con una missiva indirizzata a vari soggetti tra cui Usmaf, Ministero della Salute, Ministero dei Trasporti, Conferenza Stato-Regioni, Presidenza del Consiglio dei Ministri) per chiedere l’avvio di un tavolo che metta insieme gli operatori logistici e commerciali e le istituzioni per lavorare insieme alla definizione di una catena logistica nazionale per la distribuzione del preparato, senza però al momento avere avuto un riscontro.
La sfida della distribuzione del vaccino anti-Covid19 secondo Assoram sarà infatti “senza precedenti” e non è possibile che l’Italia arrivi “impreparata ad affrontarla”. Al contempo l’associazione sta lavorando al suo interno per mappare le capacità dei suoi associati (e la disponibilità ad affrontare nuovi investimenti, se necessari) e, in attesa di input da parte del governo, si ritroverà questa settimana con le colleghe Confetra, Assologistica e Anama per discutere del tema.
La richiesta avanzata dagli operatori della distribuzione primaria dei farmaci è di avere ‘cabina di regia’ della distribuzione del vaccino dovrà essere però necessariamente centralizzata: “Lo Stato, anche a costo di qualche mal di pancia tra i governatori, dovrebbe avocare a sé l’assegnazione di questi contratti, e non lasciarli gestire in modo sparso alle Regioni. Ad esempio con gare messe a punto dal Ministero della Salute di concerto con quello delle Infrastrutture e Trasporti, e necessariamente anche con quello delle Finanze, vista l’entità dei contratti di cui si andrebbe a parlare”.
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