In arrivo tempi duri per gli spedizionieri aerei con la presidenza Trump
Gli analisti concordano nel ritenere che la politica di ‘America first’ favorirà la logistica interna e in particolare gli autotrasportatori statunitensi
Protezionismo, dazi, guerre commerciali (soprattutto con la Cina), un’immediata corsa all’import verso gli Stati Uniti, più estrazioni petrolifere, meno decarbonizzazione, minori traffici commerciali con il Nord America e tanta instabilità.
Questi sono alcuni dei principali fenomeni per il mondo dello shipping che l’elezione di Donald Tramp a presidente degli Stati Uniti lascia prevedere a detta di molti commentatori e analisti di mercato. L’unica certezza è che le catene logistiche e le spedizioni via mare e via aerea subiranno importanti cambiamenti su vari fronti rispetto agli ultimi anni.
L’argomento che ha attirato maggiormente l’attenzione durante la campagna elettorale di Trump sono stati i dazi che il neo presidente ha promesso di reintrodurre e applicare ai beni e alle aziende che importano negli Stati Uniti. Di fatto si tratterà di portare avanti il lavoro già iniziato dal 2018 durante il suo primo mandato e le intenzioni sono quelle di volere imporre dazi del 10%-20% su tutte le merci in import fatto salvo per quelle in arrivo dalla Cina per le quali saranno del 60% o perfino superiori.
Quando l’amministrazione Trump aveva presentato per la prima volta il suo piano a metà 2018 prevedeva dazi del 25% su 50 miliardi di dollari di beni importati dalla Cina, il tutto nell’ambito di una politica ribattezzata “America First” orientata a difendere e favorire le aziende statunitensi.
A festeggiare prontamente per l’esito dell’elezioni negli Stati Uniti è stata, non a caso, l’American Trucking Associations (Ata), l’associazione degli autotrasportatori che già pregusta un aumento dei carichi di lavori sulle strade del continente grazie al rafforzamento delle catene logistiche intra-Usa.
Il presidente dell’American Trucking Associations, Chris Spear, ha dichiarato che “il Presidente Trump ha fatto dell’autotrasporto una priorità durante il suo primo mandato e ha collaborato con noi per attuare politiche che hanno rafforzato la catena di approvvigionamento, fatto crescere l’economia e dato risultati a tutti gli americani. Il suo secondo mandato offre l’opportunità storica di costruire su questo record e di dimostrare che il miglior approccio al governo è quello basato sul buon senso. A cominciare dalla sostituzione della norma sui camion elettrici dell’Epa (Environmental Protection Agency americana, ndr) con norme nazionali sulle emissioni che siano tecnologicamente realizzabili e tengano conto delle realtà operative del nostro settore essenziale”.
Con il Tax Cuts and Jobs Act che scadranno l’anno prossimo, l’associazione degli autotrasportatori si è detta pronta a lavorare con Capitol Hill per ottenere una riforma fiscale a favore della crescita, compresa l’abrogazione di quella che ha definito la secolare e punitiva accisa federale sugli autocarri pesanti e sui rimorchi, che penalizza il settore degli autotrasporti per gli investimenti in attrezzature più nuove, pulite e sicure.
Secondo il Resilinc, un supply chain risk management platform services provider, la rielezione di Trump è destinata a rimodellare drasticamente le catene di approvvigionamento e le dinamiche commerciali globali, partendo dall’aggressiva politica commerciale e dall’accelerazione del reshoring/nearshoring al riallineamento del commercio globale e alle modifiche normative. “Un’amministrazione Trump probabilmente intensificherebbe l’applicazione dell’Uflpa (Uyghur Forced Labor Prevention Act), allineandosi con la sua posizione da falco nei confronti della Cina”, ha dichiarato Bindiya Vakil, CEO di Resilinc. “Trump ha segnalato una strategia tariffaria più aggressiva, che potrebbe interrompere in modo significativo le catene di approvvigionamento e incidere sui margini delle aziende. I settori con una logistica transfrontaliera complessa, come quello chimico e automobilistico, potrebbero subire un aumento dei costi, soprattutto se i dazi venissero imposti anche sul Messico. Questo approccio potrebbe rimodellare le catene di fornitura globali e costringere le aziende a rivalutare le proprie strategie di approvvigionamento, accelerando potenzialmente la tendenza alla delocalizzazione o al reshoring della produzione”.
L’Europa non sarà immune dalle misure commerciali (le relazioni durante l’ultima presidenza Trump sono state molto tese) per cui, se il Vecchio Continente si vendicherà imponendo i propri incrementi nelle tariffe doganali, ciò avrà ripercussioni sugli scambi transatlantici ma al tempo stesso sosterrà e proteggerà la produzione europea aumentando la domanda di logistica intra-continentale.
A proposito dell’industria logistica automobilistica statunitense sarà particolarmente avvantaggiata dato che il passaggio ai veicoli elettrici negli Stati Uniti potrebbe essere rallentato o ritardato. A questo proposito sorge l’interrogativo: l’Unione Europea sarà in grado di mantenere la linea dettata sugli obiettivi di transizione energetica verso i veicoli elettrici? La risposta a questa domanda, considerando anche la crisi che sta vivendo l’industria automobilistica europea, potrebbero suggerire un effetto a catena portatore di benefici anche per le aziende europee di logistica automotive.
A proposito di climate change, sebbene molti governi stranieri e organizzazioni intergovernative considerino la politica sul cambiamento climatico una priorità, Trump si può dire senza tema di smentita che non condivida questo approccio. Senza il sostegno degli Stati Uniti appare difficile che si possano fare significativi progressi negli accordi globali di riduzione delle emissioni di carbonio e in questo quadro c’è da attendersi che possano subire una frenata anche le discussioni avviate in seno all’Imo (Organizzazione marittima internazionale) per una tassa sul carbonio. Va ricordato che Trump si è ritirato dall’Accordo sul clima di Parigi nel 2017.
Un approfondimento pubblicato da The Loadstar conclude dicendo che “i grandi vincitori con l’elezione di Trump saranno gli autotrasportatori e gli altri fornitori domestici di servizi logistici. Hanno da perdere invece gli spedizionieri marittimi e aerei. C’è da aspettarsi – sottolinea la testata Britannica – che, prima dell’entrata in vigore dei nuovi dazi preannunciati, le aziende statunitensi faranno tutto il possibile per accelerare le importazioni che avevano in programma e questo porterà a un aumento della domanda di spedizioni e quindi, probabilmente, dei noli marittimi per le spedizioni di container per un periodo”. Sul lungo periodo, invece, l’impatto atteso dovrebbe essere opposto.
Anche secondo Xeneta la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitensi è “un passo nella direzione sbagliata per il commercio internazionale, poiché gli importatori temono un’altra impennata delle tariffe di trasporto dei container oceanici. I dati di Xeneta – piattaforma di intelligence per il trasporto marittimo e aereo – mostrano che, l’ultima volta che Trump ha aumentato i dazi sulle importazioni cinesi durante la guerra commerciale del 2018, le tariffe di trasporto marittimo dei container hanno subirono un’impennata di oltre il 70%.
Peter Sand, analista di Xeneta, ha dichiarato: “Se si dispone di spazio di magazzino e di merci da spedire, il frontloading delle importazioni è il modo più semplice per gestire questo rischio nel breve termine, ma comporterà i suoi problemi. Un improvviso aumento della domanda sulle principali rotte commerciali verso gli Stati Uniti, quando le catene di approvvigionamento oceaniche sono già sotto pressione a causa delle tensioni in Mar Rosso, imprimerà una pressione al rialzo sui noli”.
Sempre Sand ancora ha aggiunto: “Nel lungo termine un’altra presidenza Trump riaccenderà la guerra commerciale con la Cina e provocherà azioni di ritorsione. Nel 2018, abbiamo visto la Cina rispondere all’aggressione degli Stati Uniti imponendo dazi propri, che hanno aggiunto ulteriore benzina al fuoco, quindi c’è il rischio che la situazione possa degenerare ulteriormente nei mesi e negli anni a venire”.
I noli marittimi medi spot dall’Estremo Oriente alla costa occidentale e alla costa orientale degli Stati Uniti sono rimasti relativamente stabili nelle settimane precedenti le elezioni americane, con un calo rispettivamente del -3,5% e del -2,5% dal 15 ottobre. Tuttavia, le attuali tariffe spot medie di 5.210 dollari per Feu (container da 40 piedi) verso la costa occidentale degli Stati Uniti e di 5.820 dollari per Feu verso la costa orientale degli Stati Uniti sono superiori del 167% e del 134% rispetto a 12 mesi fa, soprattutto a causa dell’impatto del conflitto in corso nel Mar Rosso.
“Un’altra presidenza Trump non sarà accolta con favore dagli importatori ed esportatori statunitensi, ma avevano bisogno di un risultato rapido e chiaro alle elezioni. L’incertezza è dannosa per le catene di approvvigionamento, quindi perlomeno il comparto ha ora una comprensione più chiara del rischio finanziario e operativo e può di conseguenza eseguire i piani che avrà preparato nel caso di un’altra presidenza Trump” ha concluso l’analista di Xeneta.
Secondo Roar Adland, global head of research at broker SSY, una rapida risoluzione della Guerra in Ucraina (altra promessa elettorale del tycoon) potrebbe innescare approvvigionamenti via mare di cemento e di acciaio per la ricostruzione del Paese.
Il parere di Lars Jensen, commentatore e analista di mercato per la società di consulenza Vespucci Maritime, è che “nel lungo termine si potrà assistere a un’escalation di guerre commerciali che potrebbero cambiare i modelli di instradamento e di approvvigionamento, proprio come si era visto con le merci cinesi dirottate attraverso il Messico”. Nella prima guerra commerciale di Trump, i cinesi hanno preso di mira gli agricoltori statunitensi e hanno ridotto le importazioni di cereali americani. La Cina è in grado di sostituirle con maggiori importazioni dal Brasile, con un impatto netto minimo in termini di tonnellate-miglio per il trasporto via mare.
Secondo i dati di Clarksons Platou Securities, le rinfuse secche, in particolare cereali e prodotti siderurgici, sono state le più colpite dalla prima guerra commerciale fra gli Usa e la Cina, seguite da Gnl e Gpl. Secondo i dati di Clarksons la crescita complessiva delle tonnellate-miglio del trasporto marittimo è diminuita dello 0,5% nel 2018 e di nuovo dello 0,5% nel 2019.
Da Sea-Intelligence concordano sulla considerazione secondo cui un’area che potrebbe subire venti contrari dalla storica vittoria di Trump è il percorso di decarbonizzazione del trasporto marittimo. “Il lavoro attualmente in corso presso l’Organizzazione marittima internazionale (Imo) per ottenere nuovi regolamenti e fissare obiettivi a livello globale potrebbe trovarsi in un vicolo cieco. Questo, a sua volta, accelererebbe una tendenza per cui la regolamentazione relativa alla decarbonizzazione del trasporto marittimo dovrebbe essere fatta a livello locale e non globale”. L’Europa in questo si è già mossa applicando l’Ets all’emissioni prodotte dalle navi.
Cercando di riassumere le varie considerazioni sulle prospettive per il trasporto marittimo di una seconda amministrazione Trump, gli analisti della società di brokeraggio navale Hartland Shipping hanno scritto: “La conclusione più sicura che possiamo trarre è che la volatilità e l’incertezza nei mercati del trasporto marittimo di oggi non potranno che aumentare con Trump 2.0”.
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