Fusioni e acquisizioni nella logistica: cosa conta nel valore di impresa
Il tema è stato affrontato nel corso di un convegno di Assologistica che ha visto la presenza di rappresentanti anche dell’Osservatorio Private Equity Monitor della Liuc e di Vitale&Co.
Milano – Posto che nella cessione di una azienda, anche del comparto logistico, il prezzo di vendita può variare di molto rispetto alla sua valorizzazione (intesa come enterprise value), quali sono i fattori in grado di determinare e accrescere quest’ultimo parametro?
A questa domanda ha fornito delle risposte – non scontate – un’indagine condotta dall’Osservatorio Private Equity Monitor (Pem) della Università Liuc di Castellanza che ha coinvolto 60 persone tra imprenditori del settore ed esperti di finanza. I suoi risultati sono stati presentati dal responsabile del gruppo di lavoro, Francesco Bollazzi, nel corso di un convegno dal titolo “Fusioni e acquisizioni nella logistica” organizzato da Assologistica, che si è svolto a Milano.
Qualità del management, know how aziendale e longevità del rapporto con la clientela sono stati i tre elementi che hanno riscosso la maggiore approvazione da parte degli interpellati. In particolare le capacità del gruppo dirigente e la fidelizzazione dei clienti – ha evidenziato Bollazzi – sono stati indicati da intervistati di entrambe le categorie (logistica e finanza) e considerati come premessa necessaria per la crescita dei ricavi negli anni successivi a un’eventuale operazione di M&A. Un ranking più basso è stato invece ottenuto da fattori ‘hard’ (più tangibili) quali la qualità e location degli immobili (magazzini e uffici), la numerosità e caratura dei clienti, la copertura geografica, così come dalla durata media dei contratti e dalla brand reputation. Ancora inferiore la valutazione ottenuta da altri elementi quali la qualità della flotta e degli impianti (sorter e altro) e la presenza di certificazioni di vario genere. A sorprendere maggiormente, ha rilevato Bollazzi, sono però soprattutto le posizioni molto basse occupate nella classifica da fattori quali la presenza di un bilancio certificato “da una primaria società di revisione” (penultimo) e l’orientamento verso attività di logistica sostenibile, che nonostante la grande attenzione degli ultimi anni finisce (per il momento?) al terzultimo posto. Chiude la lista l’esistenza nell’azienda di un sistema formalizzato di governance aziendale, fattore che però secondo l’esperienza riportata da diversi dei relatori intervenuti al convegno spesso determina la conclusione (o l’abbandono) di una operazione di fusione o acquisizione.
“Il valore di impresa non sempre coincide con il prezzo di cessione, su cui invece incidono diversi altri fattori qualitativi e contingenti” ha ricordato però Bollazzi citando in particolare il contesto di mercato e gli aspetti legati alla sola trattativa.
Un punto di vista condiviso, e anzi approfondito da Massimo Insalaco, partner di Vitale & Co, società di consulenza finanziaria che in ambito logistico ha seguito recentemente l’acquisizione della maggioranza di Plurima da parte di Poste Italiane nonché quella di Trieste Marine Terminal da parte di Msc, in entrambe operando quale advisor del venditore.
Nel suo intervento Insalaco ha evidenziato come anche il parametro dell’equity value (enterprise value a meno della posizione finanziaria netta) spesso diverga dal prezzo di cessione, che rappresenta invece un punto di equilibrio condizionato non solo da valutazioni che hanno a che fare con la società target ma anche con la acquirente. Tra queste, la previsione di “sinergie potenzialmente realizzabili, la numerosità delle controparti interessate, la necessità di tempistiche ristrette, la numerosità di aziende con caratteristiche simili, l’oggetto dell’acquisizione (se il 100% del capitale, la minoranza, se sono previsti patti parasociali)”. Ma anche la modalità stessa del “processo seguito” (se una trattativa in esclusiva, un’asta competitiva, altro) e naturalmente le condizioni generali del mercato (prospettive macroeconomiche, livello dei tassi di interesse, disponibilità di finanza bancaria, etc.).
In conclusione, quindi, secondo Insalaco, “la realizzazione di un’operazione straordinaria, con il riconoscimento di un prezzo che massimizzi il valore economico per gli azionisti, è un’attività complessa il cui risultato non è determinabile a priori, e che dipende anche dalla professionalità e dalle competenze, anche di natura negoziale, del team di lavoro coinvolto”.
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