Disposta l’amministrazione giudiziaria per Schenker Italiana
Shenker Italiana Spa, controllata tricolore di Db Schenker, parte del gruppo tedesco Deutsche Bahn, è stata posta in amministrazione giudiziaria dal Tribunale di Milano per il rischio di infiltrazioni mafiose. La notizia sta rimbalzando su diverse testate nazionali ed è riferita con dovizia di particolari dal Corriere della Sera. Secondo la testata milanese, a essere […]
Shenker Italiana Spa, controllata tricolore di Db Schenker, parte del gruppo tedesco Deutsche Bahn, è stata posta in amministrazione giudiziaria dal Tribunale di Milano per il rischio di infiltrazioni mafiose. La notizia sta rimbalzando su diverse testate nazionali ed è riferita con dovizia di particolari dal Corriere della Sera.
Secondo la testata milanese, a essere finiti al centro dell’attenzione degli inquirenti sono i subappalti, dal valore di 2 milioni di euro negli ultimi 5 anni, concessi dalla società ad aziende di trasporto riconducibili a Nicola Bevilacqua, già condannato per associazione mafiosa ed estorsione. L’indagine sarebbe partita dal ritrovamento di 30 kg di cocaina su un camion dell’azienda di Bevilacqua in servizio per Db Schenker nel porto di Dover. Stando a quanto riferito ancora dal Corriere, per Schenker Italiana (non indagata, così come non lo sono i suoi manager) la misura della amministrazione giudiziaria è stata disposta a causa della “cedevolezza” e “permeabilità ad ingerenze esterne”, che hanno portato a una sua “strumentalizzazione […] a interessi delittuosi”. L’Ansa riferisce inoltre di un analogo provvedimento che sarebbe stato disposto a carico di Aldieri spa, società di autotrasporto con sede a Cavenago di Brianza.
Pur con alcune differenza, la notizia della misura disposta a carico di Schenker Italiana e di Aldieri Spa non può non richiamare alla mente i trascorsi di Ceva Logistics Italia (finita nel 2019 in amministrazione giudiziaria perché coinvolta indirettamente da un’indagine penale che ha avuto come target il consorzio Premium Net, poi uscitane nel 2020), l’indagine per false cooperative a carico di Gls (su cui ad oggi non sono noti aggiornamenti) e, ancora, quella che ha interessato Dhl Supply Chain (sequestro di 20 milioni di euro per una presunta maxi frode pure legata all’utilizzo di false cooperative, e successiva internalizzazione della manodopera).
Tutte vicende che hanno contribuito a sollevare attenzione sulle condizioni del lavoro nei settori della logistica e dei trasporti. Proprio guardando a casi come questi, va evdienziato, recentemente la Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, nella sua relazione intermedia, è arrivata alla conclusione che nel contesto normativo italiano manchi la “previsione di una fattispecie autonoma per colui che benefici consapevolmente del lavoro in condizioni di sfruttamento”. In estrema sintesi, secondo i membri della Commissione, il quadro attuale e in particolare il d.lgs. n. 231 del 2001 (che disciplina la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni) è oggi inadatto a sanzionare lo sfruttamento del lavoro, in particolare nella logistica, perché tra le altre cose riguarda i reati commessi per procurare un vantaggio alle società di appartenenza da soggetti interni (e non quindi anche da affiliate, quali le cooperative di servizi di cui queste si avvalgono).
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