Decolla (+16%) l’export di vino e cibo bio made in Italy
Si chiude in modo molto positivo l’andamento dell’export bio italiano. Nel 2022 (con anno terminante giugno) le vendite di prodotti agroalimentari sui mercati internazionali hanno raggiunto i 3,4 miliardi di euro (+16% sull’analogo periodo 2021). Si tratta di una performance che mostra non solo un aumento del 181% sul dato 2012, ma in cui si […]
Si chiude in modo molto positivo l’andamento dell’export bio italiano. Nel 2022 (con anno terminante giugno) le vendite di prodotti agroalimentari sui mercati internazionali hanno raggiunto i 3,4 miliardi di euro (+16% sull’analogo periodo 2021).
Si tratta di una performance che mostra non solo un aumento del 181% sul dato 2012, ma in cui si ritrova una crescita del peso di questi prodotti sul paniere del Made in Italy nel suo insieme (dal 4% del 2012 all’attuale 6%).
I dati emergono da una analisi condotta nell’ambito di Ita.Bio – piattaforma online di dati e informazioni per l’internazionalizzazione del biologico Made in Italy curata da Nomisma e promossa da Ice Agenzia e FederBio, presentata durante il Sana, Salone Internazionale del Biologico e del Naturale.
“La gran parte delle esportazioni (81%) riguarda il food per un valore di 2,7 miliardi di euro nel 2022 (anno terminante giugno), +16% rispetto al 2021” – ha spiegato Emanuele Di Faustino, Senior Project Manager Nomisma. “Rilevante anche il ruolo del vino che pesa per il restante 19% dell’export bio, ossia una quota ben maggiore di quanto avviene con l’export agroalimentare in generale (in questo caso l’incidenza del wine è del 13%). In termini assoluti parliamo di 626 milioni di euro di vino bio Made in Italy venduto sui mercati internazionali, +18% rispetto al 2021 ed una quota sul totale dell’export vitivinicolo italiano dell’8% (il food “si ferma” al 6%)”.
Le principali destinazioni in Europa per food italiano bio sono la Germania (indicata dal 63% delle 290 aziende che hanno partecipato all’indagine) e a seguire Francia (46%) e Benelux (34%). Per il vino guida ancora il mercato tedesco (67%), seguito dai paesi scandinavi (61%) e dal Benelux (59%).
Al di fuori della Ue la fanno da padrone Svizzera, Stati Uniti e Regno Unito sia per il food che per il wine (in quest’ultimo caso risultano strategici anche Canada e Giappone).
Quanto ai Paesi più promettenti nel prossimo triennio secondo gli intervistati questi saranno ancora Germania (56%), Scandinavia (32%) e Stati Uniti (25%) per il food, e ancora i paesi nordici (58%), Stati Uniti e Canada per il vino.
A decretare il successo del bio italiano sul mercato estero, secondo la ricerca, sono la qualità dei prodotti e il generale interesse del consumatore straniero per il Made in Italy (indicati rispettivamente dal 66% e dal 60% delle imprese). Elementi di successo, spiega la nota di Ita.Bio, sono anche “l’equivalenza del marchio bio europeo (34%), l’elevata spesa media pro-capite per i prodotti bio (33%) e le garanzie associate ai prodotti agroalimentari bio (24%”).
A ostacolare le vendite di prodotti bio all’estero, secondo le aziende, sono invece i costi legati alle attività di promozione sui mercati internazionali (per il 42% delle imprese), le normative/burocrazie locali e la concorrenza di prezzo da parte delle imprese locali (fattori indicati entrambi dal 37%).
Guardando allo scenario attuale, la gran parte delle aziende (8 su 10) indica l’aumento del costo delle materie prime e dell’energia. Quattro su 10 inoltre stanno riscontrando difficoltà di approvvigionamento delle materie prime, mentre 1 su 3 ha problemi dal lato della logistica.
In questo nuovo contesto di mercato, tre sono strategie indicate per il futuro: internazionalizzazione (con nuovi mercati di destinazione o con l’incremento del fatturato sviluppato all’estero), sostenibilità e diversificazione dei canali. sia individuando nuovi mercati di destinazione.
Per il 2023, a trainare le vendite secondo le imprese intervistate saranno ancora una volta i mercati esteri. Nello specifico, il 50% delle aziende food bio prevede di aumentare nei prossimi 12 mesi il fatturato legato all’export, quota che sale al 75% con riferimento al vino, a fronte di previsioni di crescita sul mercato interno (almeno per il food) più contenute.
Commentando i dati, il presidente di Ice Agenzia Carlo Ferro ha detto: “L’agroalimentare va sul podio fra i tre settori il cui export è cresciuto maggiormente dal 2019 al 2021, ossia un più 13,8% rispetto al pre-pandemia”. Il segmento bio, ha aggiunto, “ha significativamente contribuito con una crescita dell’11% nel 2021 e un’ulteriore accelerazione tendenziale del 16% nei primi sei mesi di quest’anno. Qualità dei prodotti, interesse dei consumatori, marchio, accoppiati al gusto e alla salubrità della dieta mediterranea sono sicuramente i fattori di successo”.
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