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Cresce molto l’export italiano nel 2021: i dati di Ice Agenzia
Ice Agenzia (Italian Trade & Investment Agency) ha presentata la 35° edizione del Rapporto sul commercio estero ‘L’Italia nell’economia internazionale’, studio stato realizzato dalla stessa agenzia in collaborazione con Prometeia, Istat, The European House Ambrosetti, Fondazione Masi e Università Bocconi. Durante la pandemia, nel confronto con gli altri Paesi, il contributo dell’export al Pil dell’Italia […]
Ice Agenzia (Italian Trade & Investment Agency) ha presentata la 35° edizione del Rapporto sul commercio estero ‘L’Italia nell’economia internazionale’, studio stato realizzato dalla stessa agenzia in collaborazione con Prometeia, Istat, The European House Ambrosetti, Fondazione Masi e Università Bocconi.
Durante la pandemia, nel confronto con gli altri Paesi, il contributo dell’export al Pil dell’Italia è stato meno sfavorevole di quello delle altre componenti, consumi e investimenti. Fra i Paesi del G8 l’Italia è seconda per minor flessione dell’export e ha performato molto meglio di Francia, Regno Unito e Stati Uniti. Il risultato dell’export nel 2020 (-9.7%, e -8.8% esclusi i prodotti petroliferi raffinati) riflette la ripartenza delle esportazioni già nella seconda parte dell’anno, con crescite congiunturali del +30% nel terzo trimestre e ancora un +3.3% nel quarto.
Il 2021 inizia positivamente e porta le esportazioni del nostro Paese a risultati superiori ai livelli pre-covid, come si vede dai dati del primo quadrimestre: +19.8% tendenziale e, soprattutto, +4.2% sullo stesso periodo del 2019. Una crescita tendenziale che riguarda quasi tutti i settori e che, per molti, è largamente positiva anche sul 2019: i prodotti alimentari bevande e tabacco (+5,3% rispetto allo stesso periodo del 2020 e, addirittura, +12,3% sullo stesso periodo del 2019), del settore dei metalli (+29,1% sul primo quadrimestre del 2020 e +12% sullo stesso periodo del 2019), dei prodotti chimici (+10,2% e +7,1% a pari periodo sul 2019) e degli apparecchi elettrici (+31,6% rispetto allo stesso periodo del 2020 e +8,2% sul 2019).
Tra le Regioni italiane, quelle che hanno meno sofferto nel 2020 sono state Molise (+26% sul 2019), Basilicata (-4,4%); Abruzzo, Toscana (entrambe -6,2%) e Liguria (-0,7%); mentre, tra quelle che hanno sofferto di più, abbiamo Sardegna (-40,6%) e Sicilia (-24,2%). Quest’ultime hanno fortemente subito la contrazione delle esportazioni di prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio (-43,8%), che pesano per il 53% dell’export insulare.
Considerando, inoltre, la crescita dell’export nel primo quadrimestre di quest’anno, è verso la Cina che le esportazioni italiane hanno registrato la maggior crescita (55.3% rispetto allo stesso periodo del 2020), seguita dai Paesi europei (nell’ordine: Paesi Bassi e Polonia, +32,9% rispetto al 2020; Francia, +23,2%; Spagna, +23%; Germania, +22,6%; Belgio, +14%), dalla Svizzera (+20%) e dagli Stati Uniti (+4,5%). Solo verso il Regno Unito (+2,6%), fra i maggiori mercati, si registra un andamento più rallentato, ma l’accumulo di scorte pre-Brexit può esserne ragione transitoria.
Il valore doganale delle esportazioni di beni e servizi dell’Italia, nel 2020, è stato di 509 miliardi di euro ed esse hanno rappresentato il 29,5% del Pil del Paese. Infine, la quota di mercato dell’Italia sulle esportazioni mondiali di beni nel 2020 (2,85%) è rimasta stabile rispetto all’anno precedente.
L’avanzo della bilancia commerciale per 63,6 miliardi di euro è il più elevato dal 2012, in riflesso di una flessione delle importazioni superiore a quella delle esportazioni.
Le prospettive di ripresa del commercio mondiale sono solide secondo Agenzia Ice. La presente edizione del Rapporto rivede la stima Ice-Prometeia sull’andamento delle importazioni mondiali, in rialzo al +8.9% per quest’anno e +6.4% per il 2022, a prezzi costanti, confermando il recupero dei livelli pre-Covid entro fine anno. Le stime di crescita maggiori si avranno per l’Asia orientale (+14.5% nel 2022/2019), l’Asia Orientale (+11,1%), l’America centro-meridionale (+9,4%), l’Oceania (+9,2%), l’Asia centrale (+8,9%) e l’Unione Europea (+8,2%).