“Clausola di forza maggiore già invocata in Cina per contratti da oltre 73 miliardi di $”
Contributo a cura di avv. Sara Armella e avv. Sara Pestarino * * Armella & Associati studio legale Lo stop forzato alle catene produttive che coinvolgono Cina e Corea del Sud e, nelle ultime settimane, anche il nostro Paese, unito al ritorno delle frontiere tra Paesi europei sta determinando gravi ritardi nelle forniture, con […]
Contributo a cura di avv. Sara Armella e avv. Sara Pestarino *
* Armella & Associati studio legale
Lo stop forzato alle catene produttive che coinvolgono Cina e Corea del Sud e, nelle ultime settimane, anche il nostro Paese, unito al ritorno delle frontiere tra Paesi europei sta determinando gravi ritardi nelle forniture, con il rischio anche di contenziosi e l’attivazione di forti penali.
Molto frequente è il caso dell’inadempimento o del ritardo nelle forniture da parte delle imprese cinesi: secondo i dati riportati dalla Commissione europea, soltanto nelle ultime quattro settimane, le partenze di navi portacontainer dalla Cina sono diminuite del 49%.
Vediamo insieme quali sono le problematiche più frequenti e come dare una risposta ai molti interrogativi che le imprese si pongono. La prima domanda riguarda i ritardi nella consegna: il ritardo o la mancata consegna da parte dell’impresa cinese può legittimare una richiesta di risarcimento dei danni da parte dell’impresa italiana?
Per rispondere, occorre preliminarmente conoscere quale normativa si applica al contratto.
In via generale, se le parti del contratto non hanno indicato espressamente a quale normativa nazionale hanno inteso assoggettare i loro rapporti, trovano applicazione le regole della Convenzione sulla vendita internazionale di beni mobili, come previsto dall’art. 1 (1) a) della stessa Convenzione. Le regole della Convenzione si applicano, inoltre, nei frequenti casi in cui non è stato redatto un apposito testo contrattuale, ma cliente e fornitore si sono limitati a uno scambio informale di comunicazioni.
La forza maggiore è espressamente contemplata dalla Convenzione di Vienna, la quale prevede che un’impresa non è responsabile dell’inadempimento di uno qualsiasi dei suoi obblighi, se prova che esso è dovuto a un impedimento, non prevedibile e indipendente dalla sua volontà (art. 79, primo comma). Nella stessa direzione si colloca la clausola prevista dalla Camera di Commercio internazionale (“ICC Force Majeure Clause 2003”), la quale comprende espressamente l’epidemia tra gli eventi il cui insorgere comporta l’applicazione della clausola di forza maggiore.
A questo proposito, va segnalato un aspetto ancora poco noto: allo scopo di tutelare le imprese cinesi rispetto alla richiesta di risarcimento danni da parte dei loro clienti internazionali, la Repubblica popolare cinese, lo scorso 10 febbraio, ha adottato una norma secondo la quale le misure di prevenzione adottate dal Governo (limitazione del traffico, blocco o sospensione della produzione, creazione di zone rosse con interdizione agli spostamenti) rappresentano una situazione di forza maggiore, che ha causato la mancata esecuzione dei contratti. Migliaia di aziende cinesi hanno, a oggi, ottenuto dal CCPIT (China Council for the Promotion of International Trade) un “certificato di forza maggiore”. La presenza del certificato dell’autorità competente dovrebbe integrare gli estremi per il riconoscimento della causa di forza maggiore nei rapporti contrattuali. Alla data dell’11 marzo scorso, secondo il China daily, la clausola di forza maggiore era stata invocata per contratti internazionali di valore superiore a 73 miliardi di dollari.
In via generale, è consigliabile che le imprese rivedano attentamente le regole di forza maggiore presenti nei loro contratti. Nello specifico tessuto di piccole e medie imprese italiane, spesso abituate a lavorare con la Cina in base a ordinativi privi di regolamentazione contrattuale, occorre rimarcare l’importanza di una tutela preventiva e di un’adeguata formazione interna per la gestione dei profili contrattuali del commercio internazionale.
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