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Ancora due anni prima di rivedere l’export italiano ai livelli pre-Covid
Roma – Il vertice dell’Istituto per il Commercio Estero (Ice), Carlo Ferro, stima che serviranno tre anni affinché l’export italiano possa tornare ai livelli del 2109, dunque pre-crisi conseguente all’epidemia di Covid. Lo ha detto in occasione di un convegno organizzato a Roma da Aicai, l’associazione italiana dei corrieri aerei internazionali. Più nel dettaglio durante la […]
Roma – Il vertice dell’Istituto per il Commercio Estero (Ice), Carlo Ferro, stima che serviranno tre anni affinché l’export italiano possa tornare ai livelli del 2109, dunque pre-crisi conseguente all’epidemia di Covid. Lo ha detto in occasione di un convegno organizzato a Roma da Aicai, l’associazione italiana dei corrieri aerei internazionali.
Più nel dettaglio durante la sua presentazione il vertice dell’Ice ha spiegato, numeri alla mano, quale sarà la crescita attesa nel biennio 2021 – 2022 per i primi sei settori dell’export italiano: metalli di base e prodotti in metallo (con una variazione cumulata del 14,4%), prodotti alimentari, bevande e tabacco (14,2%), mezzi di trasporto (13,9%), macchinari e apparecchi (13,2%), prodotti tessili (11,9%) e infine articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici 11,8%).
In termini geografici giocheranno un ruolo di primissimo piano in termini di mercati di sbocco i paesi dell’est: in ordine di variazione percentuale cumulata (partendo da un valore di poco superiore al 20%) figurano Repubblica Ceca, Romania, Cina, Polonia, Russia, Turchia, Hong Kong, Ungheria, Germania e Corea del sud (quest’ultima con un 12% circa).
Secondo Ferro i segnali di ripresa dell’export sono già evidenti da alcuni mesi: la crescita congiunturale a maggio, giugno e luglio scorsi è stata infatti rispettivamente del +35%, del 14.4% e del 5.7%. Farmaceutica, alimentare e bevande sono fra i comparti cresciuti nonostante il Covid mentre autoveicoli, manufatti vari e prodotti tessili sono quelli che più hanno risentito del lockdown e della crisi pandemica.
In prospettiva futura giocherà un ruolo di primissimo piano nel commercio estero italiano l’e-commerce che nel 2018 in Italia valeva ‘appena’ 32 miliardi di euro (il nostro Pese fanalino di coda fra i big europei) e nel 2019 il tasso di penetrazione degli acquisti online è salito al 6% (dal 5% di un anno prima). Interessante notare come in Italia il tasso di penetrazione del commercio online vari dall’1% nel settore alimentare al 27% nell’informatica. Col passare degli anni sempre di più sono gli accordi e-commerce che Ice ha stretto e sta continuando a firmare con vari colossi dell’e-commerce con il risultato di 13 piattaforme operative già avviata oggi per favorire l’export del Made in Italy attraverso lo shopping online.
Infine ancora alcuni numeri presentati dall’Istituto per il Commercio estero: 135.760 erano gli operatori italiani che esportavano nel 2019, il 50% del valore dell’export italiano è riconducibile a Pmi (in Francia è il 20%) e infine il 20% del valore dell’export italiano è merito di imprese con meno di 50 addetti (il doppio di Francia e Germania).