“Abbiamo perso un’occasione importantissima” ha detto Guliano Campana, presidente di AbeM, società dell’imprenditoria locale (Camera di Commercio ed Aib) che da anni attende l’ufficializzazione di una newco per poter gestire lo scalo insieme ai soci veneti di Save (che avranno l’80% delle quote). Perché i bresciani sono interessati alle sinergie proposte da Bergamo ma non vogliono divorziare da Save e Catullo, che sulla carta hanno promesso per Brescia un piano di investimenti da 52 milioni entro il 2020. In attesa di un matrimonio a tre, oggi da Montichiari decollano solo due voli settimanali per l’Ucraina, i voli postali, e tre cargo settimanali per la Cina «che diventeranno quattro nel 2018, quando atterrerà anche un cargo dal Qatar» anticipa Campana. Nulla a che vedere però con l’indotto che avrebbe creato Dhl, le cui esigenze non sono collimate con il temporeggiamento sfiancante che aleggia intorno al D’Annunzio spiega il Corriere di Brescia.
«Siamo vittime di una burocrazia esasperante — chiude Campana —. Enac entro gennaio dovrebbe dare il via alla newco». Tranchant il commento di Dario Balotta, responsabile trasporti di Legambiente Lombardia: «Neppure l’ingresso nella Catullo di Save ha rilanciato un aeroporto ubicato in un area tra le più turistiche, ricche ed industrializzate d’Europa. Lo scalo bresciano, unico del nord a norma ambientale, rimane sempre più vuoto».
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